DDL Zan e transgender: la sessualità che spaventa l’Italia

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Senato (Fanpage)

Mercoledì 27 ottobre 2021, il DDL Zan non passa, ma passa alla storia l’esultanza in aula. Cori da stadio, braccia verso l’alto, salti ed applausi: l’Italia schiaffeggia le minoranze, sbeffeggiando il sacrosanto diritto di ogni individuo di sentirsi al sicuro nella sua pelle. Loro saltano e festeggiano sui dolori dei loro figli, felici del fatto che il DDL non sia passato. È l’immagine di un’Italia che singhiozza, che arranca appoggiandosi su un bastone di cattolicesimo e perbenismo, di belle facciate e luoghi comuni. Il castello di carte del buon costume che crolla non appena si apre la porta di casa: lì i problemi esistono, ma si tengono nell’armadio perché l’importante non è risolverli, è non farli vedere agli altri.

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Senato (Fanpage)

Con 154 voti favorevoli, 131 contrari e 2 astenuti, il DDL Zan oggi è stato bocciato dal Senato. La proposta di legge prevedeva uno stop alla e alla violenza anche sulla base dell’orientamento sessuale e di genere, prevedendo pene per i trasgressori. Ma cos’è che ha spaventato così tanto i più tradizionalisti?

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I 4 punti del DDL Zan

La contro l’omotransfobia ha proposto una tutela verso le minoranze per contrastare violenze basate su discriminazioni di genere, di orientamento sessuale, di identità di genere e di disabilità. La proposta di legge è stata approvata dalla Camera il 4 novembre 2020 ma, una volta posta in esame alla commisisione Giustizia del Senato, è stata respinta. In sostanza, erano previste 4 modifiche alla normativa già esistente (art. 604 bis del Codice Penale).

La prima riguarda l’aggiunta dei reati di basati su sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità all’articolo che già punisce l’incitazione alla violenza per motivi razziali, etnici, religiosi o di nazionalità (art. 604 bis e 604 ter del Codice Penale).

La seconda modifica riguarda, invece, l’art. 90 quater del Codice di Procedura Penale in cui viene definita la condizione di particolare vulnerabilità della persona offesa, relativa all’odio razziale. Il proponeva di aggiungere la specifica sul genere, orientamento sessuale, ecc.

La terza modifica riguarda la parità del trattamento degli individui, già esistente nel dec. leg. del 9 luglio 2003 n. 215, al quale aggiunge misure di prevenzione in merito alle discriminazioni legate all’orientamento sessuale e all’identità di genere.

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La quarta, e ultima, riguarda la Legge Mancino alla quale aggiungerebbe disposizioni tecniche, per coordinare le norme già vigenti, anche in materia di incitamento alla violenza per motivi di genere, sesso, orientamento sessuale, ecc.

Perchè un concetto così scontato come la tutela dei diritti ha creato così tanto scompiglio in Senato?

DDL Zan e transgender: la tv italiana da che parte stava?

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L’attivista Carly Tommasini (Mediaset)

Una settimana fa è andato in onda in prima serata su Rete 4 un esempio di come la diversità venga ancora stigmatizzata pubblicamente. A farne esperienza in prima persona è stata una giovane transgender ospite a Zona Bianca. All’interno del programma di Giuseppe Brindisi si sono confrontati Francesco Borgonovo, vice direttore de La Verità, Alessandro Cecchi Paone, l’avv. Anna Maria Bernardini De Pace, Eva Robin’s e Hoara Borselli. Il tema era quello della transessualità e ospite in studio c’era Carly Tommasini, 23enne attivista transgender.

Oggetto di discussione è stata la frase introduttiva che recitava: “Perchè sempre più giovani vogliono cambiare sesso?”. Lo schieramento degli ospiti in studio è stato subito palese. Nonostante ciò, però, le argomentazioni della giovane Tommasini hanno sradicato molti luoghi comuni, ponendo l’attenzione sui lati più problematici della transessualità.

Le affermazioni portate in studio erano indisponenti e pregiudizievoli. A partire da Francesco Borgonovo, secondo cui: “Se hai un pene sei un uomo, se hai una vagina sei una donna”, scardinando il lungo racconto sul percorso fatto dalla giovane. A tali affermazioni si sono uniti gli altri ospiti, incorniciando il discorso con numerosi luoghi comuni imbarazzanti e notoriamente falsi. Tra tutti, l’avv. Bernardini De Pace, per la quale: “Se non si ricorre alla finirà che tutti si opereranno” oppure “Ci sono molti che possono sbagliarsi e convincersi di essere transgender”.

Quello proposto dalla tv una settimana fa non è altro che il riflesso di un pensiero ancora troppo comune, che ha avuto la meglio in Senato.

DDL Zan e scuola: le polemiche sui giovani

Oltre a queste tematiche, all’interno del programma si è parlato anche delle proposte del DDL Zan sulla scuola e dell’influenza di queste sui giovani. Più di tutti spicca l’esempio di una scuola di Piacenza, che ha introdotto i bagni trisex. La questione ha generato parecchie polemiche, tanto che Borgonovo si è detto preoccupato del fattore sicurezza nel caso in cui una trangender usasse il bagno delle donne perchè: “Se tu entri nel bagno delle donne e le puoi violentare, non ci puoi entrare”.

La critica che viene mossa all’integrazione dell’educazione di genere nelle scuole consiste nel fatto che i giovani vengano influenzati dalle immagini. Queste sono continuamente riproposte su social come TikTok e su piattaforme come Netflix. In realtà, quella che viene fuori da questi canali è un’immagine molto più fedele alla realtà. Un esempio è la nuova serie tv targata Netflix, Pose, che tratta la tematica trangender da un punto di vista intimo e personale attraverso il racconto delle storie di vita dei singoli personaggi e dei dolori che la transizione comporta. Non accettazione del proprio corpo, stigmatizzazione sociale, ghettizzazione e insoddisfazione perenne sono solo alcune delle tante problematiche che chi intraprende questo percorso si trova ad affrontare. Per questi motivi, quella del cambiamento è una scelta che fa paura.

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“Pose” (Instagram)

Conclusioni

Il verdetto sul DDL Zan e i cori da stadio conclusivi sono esemplificativi di tutto questo. La paura del diverso è legata al concetto di sessualità, in quanto in questo caso a far paura è la vita sessuale di una donna che nasconde un pene. Tutto ciò che si crea intorno, dal bagno all’aspetto fisico, è legato al loro organo genitale. Lo stesso vale per l’orientamento sessuale. Dalla sessualità si passa alla socialità, due elementi che in Italia si mescolano troppo spesso. Lo abbiamo imparato dal caso della maestra di Torino, stigmatizzata per la sua vita sessuale, e continuamo ad impararlo da ciò che è accaduto oggi.

 

di Eleonora Di Vincenzo e Claudia Manildo

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