Natale 2020 attraverso la Relianza di Edgar Morin

Natale 2020

Il è attorno alla . Il tran-tran quotidiano della frenetica vita lavorativa rallenta nella settimana più attesa di dicembre per dare vita ai tradizionali . Il 2020, però, ha creato tanti danni non solo a livello economico, ma soprattutto a livello sociale, è per questo che ciò che mancherà al di quest'anno non è la corsa all'acquisto, bensì il calore della condivisione.

 

La filosofia della viene ben espressa attraverso il concetto di Edgar Morin, teorico dell'intelligenza emotiva, filosofo e sociologo: la . Etimologicamente parlando ci si rifà ai termini ‘legame‘ (relier) e ‘alleanza‘ (alliance). L'essere umano deve creare un legame solido di solidarietà con l'esterno per riuscire a condividere con esso, creando un coinvolgimento a livello emozionale attraverso il vivere insieme un qualcosa. In sintesi parliamo di una dimensione che si oppone alla realtà frammentata e antisettica che mai come oggi ci si ritrova a vivere.

 

Ragionando sul Natale, infatti, la componente umana viene sovrastata dal marketing imperante dei non-luoghi: i supermercati, i centri commerciali, lo shopping ‘di facciata'. Con il passare del tempo l'individuo di oggi si è progressivamente sradicato da quelli che erano i valori passati: il concetto di famiglia, per esempio, viene il più delle volte letteralmente ignorato attraverso la fuga da casa per festeggiare in contesti estranei. Hanno accusato i giovani per anni: di essere alienati nel loro mondo social, di aver sempre meno voglia di passare il tempo con i parenti, di preferire la strada. La colpa non è di queste nuove generazioni, ma del tessuto sociale nel quale si ritrovano a nascere: Massimo Recalcati, psicoanalista, ha parlato di clinica securitaria, una sorta di ripiegamento verso se stessi, di chiusura nei confronti dell'esterno, il quale confonde, illude e non rassicura mai. 

 

Nonostante questa continua crescita di un Io ipertrofico immerso nei social e al tempo stesso ben distante dall'idea di ‘sociale', i giovani italiani vivevano ancora il Natale con uno spirito positivo: se si sono perse le idee legate al cattolicesimo, ciò non implica la veridicità del pensar comune sui ragazzi come sbandati e senza valori che proiettano la loro esistenza solo verso gli aperitivi più cool. Hanno ancora voglia di relianza: l'atto morale, spiega Morin, è un atto spontaneo che deriva dalla voglia di creare un'unione, di sentirsi parte di un qualcosa di più grande, di sicuro, l'idea di appartenere. Nella società consumistica del compro quindi sono, del condivido sul web quindi esisto, le nuove generazioni sentono ancora il bisogno del Natale: Natale come metafora espressiva di quell'atmosfera calda che si sente quando si torna al concetto di ‘nido' che ci spiegava la professoressa delle superiori quando leggevamo I malavoglia. Le idee individualistiche che vengono presentate al bambino durante i suoi anni di socializzazione primaria, con la crescita, si trasformano in forme nichilistiche, sensazione di vuoto e solitudine, frustrazione per ogni fallimento nella società della performance: se vuoi essere qualcuno non puoi fermarti, non puoi fallire. Il Natale insomma era quel periodo dell'anno in cui c'era una buona causa che creava una sincera giustificazione all'idea di pausa. Il ricongiungimento al nido, al sapore di buono nella casa delle nonne, agli amici di sempre, al posto idilliaco del paese natale.

 

Interrogando i ragazzi su ciò che sentono realmente di perdere durante le festività natalizie di quest'anno c'è un sentir comune che rimpiange con tristezza la ripetitività delle cose semplici degli anni precedenti: “Ci sono certe piccole cose che ognuno di noi fa, sempre, durante le festività. Mi mancherà di più non rivedere quelle, che la ‘generalità' del natale in sé”. Spiega una ragazza e poi continua: “che poi non è tra le mie feste preferite, ma mi mancherà quell'aria di festa che d'altronde ci meritiamo un pò tutti dopo quest'anno. Mi mancherà la famiglia riunita, che magari prima davo per scontato, la nonna che già al primo bicchiere di vino è ubriaca e inizia a ballare come se tornasse ragazzina, zio che apre i canti stonati all'aperitivo… ci meritavamo un pò di spensieratezza, ce la meritavamo davvero“. Un'altra ragazza invece spiega: “quello che mi mancherà di più, avendo una famiglia molto allargata, è il poter dividermi tra i vari per vederli tutti, e poi le cose semplici, come per esempio vedere le mie amiche per abbracciarci e parlare di quanto abbiamo mangiato o dei regali che abbiamo ricevuto, mi mancherà anche il poter guardare gli occhi felici del mio ragazzo quando riceverà il mio regalo“. Altre testimonianze, invece, provano a trovare il lato positivo in questi momenti di buio: “è un motivo in più per apprezzare quei momenti che prima davamo per scontati… quando il sedersi su un muretto al freddo, con una bottiglia di spumante e dei bicchieri di plastica sembrava banale…adesso sarebbe tutto”. Inoltre c'è chi suggerisce anche il pro di non dover salutare e abbracciare tutte le persone che incontri per strada, che insomma, per non avresti mai contattato. Forse si tornerebbe alle cose ‘più vere', genuine. 

 

Forse, senza rendercene conto, è con la sofferenza di quest'ultimo anno che stiamo diventando più capaci di empatizzare con  gli altri, con il loro sentire. Forse queste vite frazionate, divise da guanti, mascherine, schermi, ci hanno reso in realtà più umani, più bisognosi di piccoli gesti. “Mi mancherà la spensieratezza. Forse siamo talmente stanchi che non riusciamo nemmeno più ad apprezzare le cose che prima davamo per scontate. Natale è condivisione, è stare insieme, vicini, abbracciati. se non si può fare nulla di tutto ciò, che cosa rimarrà di questo Natale 2020?”.

 

di Claudia Manildo

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