“L’Arminuta”, il libro di Donatella Di Pietrantonio: una storia di silenzi

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Copertina del libro "L'arminuta"

L’Arminuta è il terzo libro di Donatella Di Pietrantonio, scritto nel 2017 ed edito da Einaudi. Con il romanzo, la scrittrice abruzzese ha vinto il Premio Campiello e il Premio Napoli, raggiungendo così l’apice della notorietà. Quella raccontata dalla Di Pietrantonio, però, non è una storia come tutte le altre.

Dove tutto ha inizio, L’arminuta

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Il libro “L’arminuta” (Facebook)

A tredici anni non conoscevo più l’altra mia madre. Salivo a fatica le scale di casa sua con una valigia scomoda e una borsa piena di scarpe confuse. Sul pianerottolo mi ha accolto l’odore di fritto recente e un’attesa. La porta non voleva aprirsi, qualcuno dall’interno la scuoteva senza parole e armeggiava con la serratura. Ho guardato un ragno dimenarsi nel vuoto, appeso all’estremità del suo filo.

Tutto ha inizio con il ritorno improvviso della protagonista nella sua famiglia d’origine. Cresciuta per tredici anni in un contesto di agiatezza, la sua vita cambia completamente quando la giovane fa ritorno dai genitori biologici. Dietro la storia di una famiglia apparentemente comune si cela un intreccio di incomprensioni e rancori, tutto taciuto in un dei più rumorosi.

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La povertà, materiale e spirituale, fa da padrona nella piccola e decadente casa di un paesino abruzzese. Su questo sfondo si svolgono le vicende che vedono protagonista una bambina rimasta sospesa tra due vite. L’abbandono di un’esistenza agiata, con tutte le comodità che una classe sociale borghese può offrire, si scontra pesantemente con una vita fatta di rinunce e stenti. Tutto il percorso di crescita della giovane è basato su questa esigenza di trovare un luogo e una famiglia a cui appartenere: i genitori “adottivi” l’hanno mandata via, quelli biologici non sanno che farsene di lei, così diversa dagli altri figli.

L’unico legame che la protagonista riesce a stringere è quello che la sorella minore Adriana, piccola ma già così grande per la sua età. In lei, l’arminuta vede un punto di riferimento in una vita completamente nuova in cui ricominciare da zero. Questo vuoto incolmabile è il filo conduttore di tutta una vita passata a cercare di colmare la mancanza: di una famiglia, di un’identità, di un pò d’amore. Un amore che arriverà in Borgo Sud, il secondo capitolo del racconto, che porterà a galla tutti i traumi irrisolti del passato.

Il secondo libro, Borgo Sud

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Il libro “Borgo Sud” (Facebook)

È limpido e deserto il cielo di novembre. Solo le leggi eterne che governano il moto delle stelle e i cicli delle stagioni sulla Terra porteranno la fortuna per Vincenzo, forse un pò di pace a mia sorella. È questa l’unica preghiera.

Il rapporto di amore/odio nei confronti di Adriana prosegue anche in Borgo Sud, così come continua la storia di silenzi e di “non detti” che questa volte, però, portano con sé strascichi molto pesanti. I traumi del passato sono ben visibili nelle due sorelle che, ognuna a modo suo, hanno elaborato il proprio vissuto. A partire dalla violenza che ha caratterizzato la loro infanzia, irrimediabilmente segnata da un padre e da una madre che vedevano nelle botte l’unico modo per impartire una sorta di educazione.

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La violenza subita si è sedimentata nelle due protagoniste, che hanno riversato i loro traumi in storie d’amore disastrose. Sebbene Adriana e l’arminuta siano diametralmente opposte, la loro incapacità di farsi amare è esattamente la stessa. Gli uomini che le due, ormai diventate giovani donne, scelgono come compagni di vita sono sue figure sbagliate, seppur in modi differenti. Rafael, l’affascinante pescatore per cui Adriana perde la testa (e quasi la vita) è un ragazzo nato e cresciuto nella periferia pescarese, in un ambiente di povertà materiale e intellettuale. É intraprendente ma perde la calma troppo facilmente e Adriana non riesce ad all0ntanarsene. Al contrario Piero, il marito dell’arminuta, è una persona estremamente calma e gentile, colto e di buona famiglia.

Entrambi però sono amori sbagliati, perché ripetono lo stesso schema in cui le due protagoniste sono cresciute: il e la violenza. Rafael è una testa calda che spesso perde la pazienza e arriva ad essere violento. Piero, invece, conduce una doppia vita che nasconde dietro un silenzio di tomba.

Botte e silenzio, e botte. Tutto torna nel cerchio della vita.

Il rumore del

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Donatella Di Pietrantonio (Instagram)

Il primo modello per una ragazza è il proprio padre. Quello che per le due è stato un esempio nell’infanzia ha portato con sé solo ricordi di violenze e di parole mancate. Un uomo non in grado di esternare i suoi sentimenti neanche nei momenti di maggior dolore. Tutto questo è stato assorbito dalle due protagoniste che, cresciute in un ambiente del genere, non hanno saputo spezzare la catena. La storia della loro vita è stata segnata dal non detto, dalla mancanza di parole che potessero esprimere, spiegare e dare conforto. Tutto il si ripercuote nelle loro relazioni amorose, quando entrambe scelgono uomini incapaci di comunicare, proprio come lo erano i loro genitori. Non solo.

Il rumore causato dal è cosi forte da aver contaminato anche il rapporto tra le due sorelle. Anche tra di loro ci sono tante cose non dette, problemi taciuti e sentimenti soffocati. C’è vergogna tra di loro: da parte di Adriana per non voler accettare un aiuto dall’esterno, e vergogna per l’arminuta che vorrebbe nascondere una sorella così ingombrante che spesso e volentieri la mette in imbarazzo. Nel corso di tutta la storia assistiamo ad un meccanismo che si ripete in continuazione e che non cambia nemmeno con il passare degli anni. Nonostante quelle bambine abbiano lasciato il posto a due donne ormai adulte, i comportamenti del passato sono duri a morire.

Anche in Borgo Sud, ancora una volta è l’arminuta a “salvare” quella sua sorella così scapestrata e impavida. Ancora una volta è lei la parte razionale, la componente logica di una famiglia ormai alla deriva. Ancora una volta è lei che cerca di tenere le redini di una vita che lentamente le scivola dalle mani. Il fallimento di un matrimonio all’apparenza perfetto, lo sgretolarsi di un’esistenza faticosamente costruita lontana dai luoghi della sofferenza, tutto fugge via nel peggiore dei modi. E allora cosa rimane?

Resta una vita divisa a metà, alla continua ricerca di un’identità di cui la protagonista viene privata sin dal primo giorno della sua esistenza, quando viene affidata ad una famiglia che non è la sua e poi restituita al mittente. Lo dimostra il fatto che non conosciamo il suo nome, lei è solo l’arminuta, quella che è tornata. E che in realtà, nonostante tutti i numerosi tentativi, non se n’è mai andata davvero.

Il film di Giuseppe Bonito

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Il film (Instagram)

Lo scorso novembre L’Arminuta è diventato un film, con un cast a metà tra attori emergenti e altri più noti. Il film ha raggiunto un numero di incassi impressionanti già solo nel primo weekend. Chiaramente ispirato all’omonimo libro, la stessa scrittrice Donatella Di Pietrantonio ha curato la sceneggiatura della pellicola. Eppure, come spesso accade, ci sono delle sostanziali differenze tra libro e film.

La prima grande incongruenza è quella dell’ambientazione. Sebbene l’intero libro sia ambientato tra Pescara, le zone limitrofe e un piccolo borgo non ben identificato, il film non rispetta la topografia. I luoghi scelti per la trasposizione cinematografica, infatti, sono tutti nel Lazio, nel rietino e dintorni.

Come spiegato in precedenza, i silenzi fanno da padrona sia nel libro che nel film, insieme alla lingua spesso “sporcata” dal dialetto.

Anche il finale nel film è ben diverso. Non ci dilungheremo molto su questa parte per evitare spoiler, per questo motivo vi invitiamo a questi due meravigliosi libri e a recuperare il film.

Quella de L’Arminuta è una storia che colpisce e che si insidia nella memoria e nel cuore dei lettori per l’estrema capacità narrativa e per le sensazioni che l’autrice riesce a trasmettere con le sole parole. Le vicende ci raccontano la vita tra due sorelle, dove inevitabilmente una è la spalla dell’altra, e non sempre è la stessa a ricoprire il medesimo ruolo. Perché, in fondo, anche questo vuol dire essere una famiglia.

 

 

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